venerdì 7 febbraio 2014

Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler [Recensione]



"Sono Max Fontana, ho un mucchio di soldi, e quando hai i soldi una soluzione c'è sempre, e quando sei Max Fontana qualsiasi soluzione diventa un'opera d'arte.
Niente può andarmi male.
Niente."

Questo è uno dei numerosi ritratti di Max Fontana, protagonista dell'ultimo romanzo di Massimiliano Parente: il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler. 
Dopo aver chirurgicamente annientato la letteratura nel precedente L'Inumano, in quest'ultimo sembra voler continuare con la stessa corrosività quell'idea di realtà in cui "l’annientamento volontario di ogni vita sulla terra sarebbe […] la più grande opera d’arte e di pensiero dell’umanità"

Il romanzo narra la storia di Max Fontana, un uomo come tanti che come tanti aspira a diventare un artista. Ma dopo aver provato in tutti i modi, scoraggiato, sceglie la via del suicidio per fuggire dal mondo incapace di comprendere i veri talenti.
Bisogna trovarsi nel posto giusto al momento giusto e Max, prima di porre fine alla sua vita, ha una idea illuminante: eiaucalare su "l'origine del mondo" di Coubert.
Ed è da quel momento, dopo esser stato osteggiato dai critici di destra e di sinistra, i genitori e il mondo dello spettacolo, verrà, invece, riconosciuto un genio artistico.
Quel gesto che, inconsapevole e più uno sfogo, diventa il passo decisivo per diventare un qualcuno.
Con le inesorabili conseguenze, ovviamente.


"Vi avviso: l'unica cosa che non racconterò mai nella mia autobiografia è la mia infanzia, né la mia adolescenza, né tutto quanto è avvenuto prima che diventassi il più grande artista del mondo perché chissenefrega. Non frega niente a me, figuriamoci agli altri."


Controverso e feroce fin dal titolo, l'artista più grande del mondo è una scusa per Parente di farsi beffe del mondo dell'arte, accusandolo di superficialità e vuotezza.

"Quando l'arte ha un fine esterno all'arte, soprattutto quando ha un fine non distruttivo ma costruttivo, quando vuole sensibilizzare o educare, è sempre una cagata", sentenzia il protagonista. 

Una storia originale raccontata in maniera convenzionale e attraverso una scrittura che brucia, urtica, ti fa ridere. Perchè appena leggi le sensazioni, le crudeltà con cui Max deride il mondo, hai subito la sensazione di un qualcosa di grande, di orrendo e al tempo stesso: illuminante.
È la scrittura di un personaggio grande nella sua dimensione di inutile essere umano; la parabola disegnata durante il racconto è quella di un uomo alla ricerca dello scandalo per dare un senso alla sua vita.

Non è un mediocre che cerca di diventare il migliore nel suo campo, no, è già consapevole di essere il più grande artista del mondo. 

Diviso in tre parti - l'origine del mondo, il più grande artista del mondo e la fine del mondo - il libro è un viaggio senza troppi artifici che permette al Parente scrittore di immedesimarsi, come in una seduta psicoanalitica, nel suo personaggio, Max Fontana: il carattere autobiografico dell'opera funziona da transfert, in poche parole. In esso vomita le frustrazioni della cultura media italiana - e non solo - in un concentrato di brillanti e appassionanti invettive. Ma lo scrittore riesce ad evitare di cadere nella trappola del romanzo - denuncia, grazie ad una narrazione a volte ironica altre satirica, veloce e accattivante, e ad un personaggio cattivo ma dannatamente umano, costruito a sua immagine e somiglianza, coerente con se stesso.
Si perde - non completamente - il carattere barocco de L'Inumano e Contronatura ad appannaggio, però, di una scrittura più lucida e veloce.

La suggestiva caratterizzazione fisica e mentale di Max ci permette di abituarci fin da subito. Veste eccentrico, con un taglio spettinato alla Joker di Burton e guarda serie tv. Gli unici sentimenti d'amore, puro e incondizionato, li dimostra per un primate, sua compagna di vita. I suoi pensieri sono grotteschi e intrisi di humor nero. Altra caratteristica del romanzo è la descrizione dettagliata e sopra le righe - mica tanto - del mondo dello spettacolo: ci sono le soubrette dalle facce ipocrite, i talk show, e c'è quel retrogusto stantio, di autocommiserazione del pubblico medio italiano.
L'odio viscerale di Max contro il giornalismo è lo stesso che Parente accusa come una costruzione fallace basata sulle opinioni 

"[...] La verità è che non me ne è mai importato niente di sentire le opinioni degli altri in un'epoca in cui bisogna rispettare le opinioni, mah, io gli taglierei la lingua alla gente piuttosto che sentirla esprimere le sue opinioni, io metterei la pena di morte sulle opinioni, figuriamoci pagare dei giornali perché ci dicano la loro opinione, che è solo l'espressione del giornale per cui scrivono, tra l'altro."

Terminata la lettura vi resta da confrontare un Leopardi qualsiasi con un dipinto e pensare a quanto sia la letteratura la forma d'arte più grande di tutti i tempi.
Perché l'unico modo che ha Max di salvarsi dal suo stesso personaggio è la scrittura.
L'autobiografia del più grande artista di tutti i tempi.

Appunto.



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