lunedì 11 marzo 2013

Spring Breakers [Recensione]





Provocante, violento e surreale Spring Breakers è il ritratto estroverso di una generazione allo sbando.
Dopo il manifesto angosciante e terribile della Germania divisa e cioè Christiane f., il grottesco Trainspotting, il raccapricciante Kids, il cinema si prende nuovamente il compito di innalzarsi a mezzo di denuncia sociale per ammonire le coscienze; ma se nei precedenti lavori il tutto era consequenziale di una storia coerente e ben strutturata, qui, si ha l'impressione di voler scioccare senza dire nulla.

Quattro amiche - Faith (Selena Gomez), Candy (Vanessa Hudgens), Brit (Ashley Benson), e Cotty (Heather Morris) - belle, provocanti e perennemente in bikini vogliono spostarsi in Florida per festeggiare lo spring break; per ottenere il denaro sufficiente rapinano una tavola calda.
Durante una festa a base di coca e alcol finiscono in cella ed è grazie all'intervento di un rapper bianco, Alien (James Franco), che potranno uscire.
Ma da quel momento inizieranno a conoscere il lato più violento ed eccitante della follia. 

Harmony Korine, ragazzo di talento e produttore musicale, sconvolse prima con Gummo e poi lasciò alla regia di Larry Clark il sopracitato script di Kids.
Affidandosi ad una demolizione graduale dei suoi protagonisti per lasciare amaro e confuso lo spettatore nel finale, il suo è un modo quasi neorealista di riprendere la realtà.
In Spring Breakers però la confusione non è una nota positiva o voluta: la pellicola lascia poco spazio all'immaginazione di un lieto fine e denota una (quasi) forzatura metaforica che rende il prodotto inutile e a tratti senza senso.
È una storia convenzionale che utilizza un montaggio frammentato di scatti temporali e sperimentalismi; a volte si ha persino l’impressione di ritrovarsi in un film di Gus Van Sant. Esasperazione dei dialoghi, distorsione e dilatazione meccanica del tempo e assolutizzazione del concetto di divertimento senza limite sono gli espedienti utilizzati per intessere il rapporto con la realtà: una rappresentazione in campione della generazione reality show.
I limiti non esistono.
La moralità è solo la voce sorda di un’amica matura.
I genitori sono entità inesistenti.
Unico compagno il divertimento estremo: quello delle droghe, del sesso e della provocazione.
Anche il Deus Ex machina Alien è un mezzo per raggiungere l’amoralità tanto ricercata.
Ma in un ritratto del genere la scelta di inserire una quinta comparsa come Britney Spears si rivela azzeccata e splendida: soprattutto per un momento di massima tensione eseguito impeccabilmente al pianoforte.
Una fotografia accecante nella prima parte, fluorescente in quella centrale e cupa – surreale nell’ultima segue il climax narrativo ed è configurabile tra le poche note positive del comparto tecnico; la colonna sonora è realizzata a colpi di dubstep e gangster rap mentre la recitazione è ottima per un ispirato James Franco camuffato alla perfezione.

Per concludere, sorgono spesso dubbi sulla volontà del regista sceneggiatore di voler effettivamente presentare qualcosa di concreto. Lasciando un finale aperto e apparentemente metaforico, questa pellicola si concede troppo spesso il lusso di crearsi l'alibi del post modernismo per non raccontare nulla.
E ci potrebbe stare.
Ma in un continuo avanzare dell’intreccio con ripetizione seriale di dialoghi, scene, sembra che Korine si lasci trasportare troppo dall'euforia di voler a tutti costi sconvolgere senza mai realizzare qualcosa di realmente autentico.

marcodemitri®

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