lunedì 15 aprile 2013

Benvenuto Presidente! [Recensione]





Nel clima tutto italiano di osteggiata superiorità culturale da bar mista ad un bieco qualunquismo, una pellicola come Benvenuto Presidente! calza a pennello; è intrisa di quel fastidioso buonismo che funziona nonostante la patina di leggerezza che l'avvolge. 

In una situazione di stallo istituzionale e di magna magna dei soliti politici di corte, viene scelto come Presidente della Repubblica, per un errore, un precario impiegato nella biblioteca del paese: Giuseppe Garibaldi (Claudio Bisio). Trovandosi in una realtà troppo grande per lui, il protagonista è intento in un primo momento a rinunciare all'incarico; ma solo dopo aver constatato quanta presunzione e arroganza imperversa nel sistema, deciderà di continuare il suo mandato. E si alterneranno diversi imbarazzi perchè troppo inesperto e popolano per poter fungere da così alta carica dello Stato. 
Ristabilito il suo prestigio, almeno in parte, a lui spetterà il difficile compito di rimettere in sesto una politica ormai ridotta ad una commedia dell'assurdo. 

Claudo Bisio, che non ha mai smesso di vestire i panni del giullare di Zelig, regala una interpretazione simpatica e godibile per un film che è a metà strada tra una semplicistica riproduzione delle chiacchiere di piazza ed un'opera che vuole avere personalità. Ritroviamo Kasia Smutniak intenta a vestire i panni di una frigida assistente del Presidente e che non ci risparmia un momento, ahimè, di inutile romanticismo. A completare il quadro degli attori più importanti anche un particolare Beppe Fiorello. 
Alla regia Riccardo Milani, già noto per fiction quali Tutti Pazzi per Amore, mentre alla sceneggiatura Fabio Bonifacci, conosciuto per una serie di commedie italiane di successo (Benvenuti al Sud, Il Principe Abusivo).

È un prodotto che dipinge il malcontento popolare della nostra penisola in un godibile quadretto parodistico; infarcendolo, poi, di tutti gli elementi che caratterizzano un film destinato ad un pubblico vasto, come la riproduzione schematica degli antagonisti, le gag che sanno di già visto e una storia che ha dell'inverosimile e raccontata con leggerezza.
Non è un film di spessore tantomeno un documentario; la politica è raccontata con una semplicità disarmante e a volte si ha difficoltà persino a capire se si cerca di colpire lo spettatore con una subdola ingenuità di fondo. 
Ma tutto sommato, va bene. 
Siamo ben lontani dai tempi dei film di grande denuncia sociale di Pasolini e De Sica che, anche se complessi, erano ben capiti e apprezzati dal pubblico. 

Una pellicola, dunque, che diverte ma che non va oltre il solito cliché dell'italiano medio che sbraita contro i politici mentre guarda Barbara D'Urso.

marcodemitri®

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