giovedì 27 marzo 2014

Guida Galattica ecc.. [Capitolo 1.1 - Lo scroccone e Quella signora altolocata]

Saaalve a tutti!

Come scritto nella PREMESSA, servendomi di una narrazione sopra le righe, descrivo il mondo che si cela dietro il lavoro di un cassiere in un bar. 
Nel primo capitolo elenco i personaggi più divertenti che ho incontrato e le mie reazioni ad ogni loro richiesta. 
Nel secondo all'oggettivistica e cioè a quell'insieme di suppellettili (vedi: bustine di zucchero, acqua, giornale ecc..) messi a disposizione degli avventori ma che.. 

...vabè lo scoprirete leggendo il blog ogni settimana. 

QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALI È FRUTTO DI FANTASIA CON UN PIZZICO DI IRONIA, VALIUM E NON SENSE. 

Buona lettura!


[Perché una guida]

  • CAPITOLO I 
[Tipologie di Clienti - Volti] 


PARTE I   [I volti del mattino]

PARTE II  [Lo Scroccone - Quella signora altolocata]
PARTE III [Il Sordomuti - Il Pignolo]
PARTE IV [L'ansioso - Quello che salta la fila]
PARTE V [Il cliente e il bagno - Il critico]

I volti si disegnano sulle emozioni. 
Non criticare qualcuno da come si porge perché, forse, sta combattendo una battaglia anche per te, si dice. 
Eppure quel signore che entra, senza dire buongiorno o buonasera, e che lascia cadere i soldi sul piattino, senza dirti nulla, e che prende il resto e va via, senza dirti nulla, a me non sembra stia combattendo una battaglia. 
Una guerra.
O semplicemente: abbia a cuore il prossimo. 

Capitolo I.1 - I Personaggi

Lo Scroccone

Fin dall'antichità i pubblici esercizi sono stati preda di una particolare categoria di cliente: LO SCROCCONE.

mr krab è un tipico esempio



Lesto e dallo sguardo sfuggente, questo tipo di esemplare è solito entrare nel bar quando è pieno di gente.
Si divincola tra i clienti intenti ad attendere il turno al bancone usando acrobazie quasi fosse un'anguilla ammaestrata.
E cosa fa prima di tutto?
Va in bagno e tira persino lo sciacquone.
Uscito dalla toilette ha però bisogno di vedere come va il mondo. E con nonchalance legge il giornale; colpito da qualche notizia, di solito di mala politica, aggrotta le sopracciglia, sbuffa e arriccia le labbra perché "così non si può andare avanti".
Cerca persino di coinvolgere qualche sfortunato cliente li intorno.
Ma lo scroccone è a questo punto colto da secchezza delle fauci; essa sopraggiunge improvvisa dopo aver svuotato la vescica e cibato la mente.
E dunque si passa alla fase tre: il bicchiere d'acqua.
Che diventa due bicchieri se si tratta di una giornata afosa.
E lo\li chiede attraverso un modus operandi da applausi.
Inizia con una veloce panoramica del locale, non può essere troppo sfrontato nell'abbeverarsi: c'è gente e lui è di buon cuore e rispetta il turno.
Aspetta.
Valuta le possibilità.
Ne vede due.
Bene.
Può: o tergiversare magari con il povero sventurato con l'unica colpa di attendere vicino i giornali. In questo modo confonderà il barista che penserà sia amico di un cliente pagante.
Un po' come nelle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa, basta salutare un boss per BAM passare per mafioso.
Oppure: impietosire.
Con sguardo tenero.
Occhi lucidi.
Labbra all'ingiù.
Piegamento capo verso sinistra.
E uniche parole con voce flebile "potrei avere un bicchiere d'acqua?"
POTREI AVERE.
POTREI.
Certo, ecco qui.
Signori e signori, abbiamo SERVITO il cliente scroccone #20243252534565.
In circa 15 minuti ha usufruito del bagno, dei giornali e dell'acqua.
Ed il PIL aumenta.


qui si fa beffa delle ricchezze accumulate a scrocco


Attenzione: se provi a fargli presente che il bar non è la caritas, torna con i vigili.
Per giunta stizzito dall'arroganza degli imprenditori alla Marchionne-che-non-comprendono-il-distacco-tra-il-ceto-medio-e-il-loro-perchè-intenti-ad-arruffarsi-risparmi-di-una-vita-di-lavoro-e-sacrificio-mentre-i-lor-signori-sono-parassiti-della-società-che-aumentano-il-dislivello-e-ci-hanno-ridotto-in-queste-condizioni-ma-va-meh-ha-ragione-Grillo!

Recensione su tripadvisor: uno.
Commento: arroganti e maleducati.


"ciao, babbei, ho comprato la mia macchina d'oro a forma di missile con i soldi risparmiati"


Quella signora altolocata

La signora altolocata più che una persona è un genere; individua una categoria di femmine che si agira in un locale brandendo il nome del marito, altolocato anche lui. 
Prima però di addentrarci nella descrizione minuziosa di questo personaggio occorre sapere che la sua formazione sociale è di tutto rispetto.
Nata in famiglie altolocate - perché altrimenti non sarebbe la signora altolocata - e residente circa nel centro storico della città ma da qualche anno spostatasi in periferia per seguire i consigli del maestro zen, è una signora che guarda dall’alto in basso, ha la puzza sotto il naso e veste firmata; è anche abbastanza ovvio altrimenti sarebbe una signora qualunque e non la signora altolocata, invece.
Cresciuta in ambienti eleganti e non cafoni, soft e non popolani, ha imparato molto bene come pronunciare il cognome dei genitori e del marito per essere immediatamente riconosciuta come membro dell’aristocrazia, e fare in modo che il popolo si scansi o paghi per lei, insomma.  
Di norma ha la *r moscia, per evidenziare il suo tocco naif, ben diverso dal rozzo accento comune ma diverso anche da quello cinese. 
“Scarlpe” e non “Scalpe”, “Arlmani” e non “Almani”, “Sepholra” e non “Sephola” e così via.
Una cosa seria e non qualcosa di superficiale: da uomo comune. 
Al momento del matrimonio, combinato tra le famiglie più importanti seguendo una classifica segreta compilata in segreto e forgiata nei più segreti meandri dei negozi di abbigliamento, la ragazza diventa signora altolocata, pronta per dare alla luce la futura generazione di altolocati. 
Da quel momento in poi potrà usare il cognome del marito per farsi offrire e non pagare nulla. 
Tutto questo le da anche il pretesto per andare in giro e commentare qualsiasi cosa non le vada a genio con un “non saprei, siamo abituati ad altro, noi altolocati”.
In un bar, poi, da il meglio di se. 
Lei appena entra, dopo aver spostato la coda di ermellino che le pende fin troppo e le guasta lo scintillante collier d'oro, si porge direttamente al bancone. 
Il marito, in barba alla solita parità dei diritti, ha il dovere morale e sociale di pagare. 
E così si avvicina alla cassa.
Dopo aver scoperto di non avere i soldi necessari per raggiungere la somma richiesta e per non sfigurare con la carta di credito - ha buon cuore, lui - fa un grave errore: chiede alla moglie.
Che se fosse un cartone animato, appena appreso la notizia, le cadrebbe il monocolo e griderebbe


"perché nessuno pensa ai bambini?!"

E invece no: visibilmente seccata, rovista nella borsa, in pelle di coccodrillo - particolarmente alla moda in quel periodo - ed esclama: "fossi stato in lei non avrei avuto la faccia di chiedere quei soldi". 
Ecco, doveva dirlo.
Doveva. 
Ora gli porge i soldi. 
E va via, senza salutare. 
Sicura, poi, di mettere una x su quel locale. 
Così tanto venale.

La signora altolocata ha avuto una brutta giornata e per non ripeterla, promette a se stessa di andare a fare un po' di yoga dall'insegnate amante.
Dal sedere altolocato.

[continua..]


marcodemitri®

giovedì 20 marzo 2014

Guida galattica per cassieri rampanti contro clienti impertinenti [Capitolo I.1 - Volti]

"Di questi tempi, è un'impresa trovare lavoro. 
Per questo io non mi lamento.
Di cosa? 
Di un incarico come cassiere in un bar. 
Che bar? 
Adesso volete sapere troppo. 
Diciamo solo che si tratta di uno di quei bar storici, con quel profumo di vissuto e quell’atmosfera tutta italiana degli anni 50.
Un set perfetto per un film con Alberto Sordi o, perché no: Paolo Villaggio. 
Quello che conta, però, è che comprendiate che ciò che leggerete è frutto di un’esperienza vissuta tra sorrisi, un po' di no sense e una certa: professionalità."

Capitolo I.1 - VOLTI

Ci sono mattine in cui il sole ha la luce così fioca da sembrare una falsa promessa di una giornata tranquilla.
"Il mattino ha l'oro in bocca" ripeto a me stesso e forse, per qualche istante: ci credo anche.
La forza di gravità ci mantiene ancorati sulla terra, vicini li uni agli altri, e accomunati dal bisogno di non voler essere delusi dalle aspettative del mattino.
Desiderio, questo, disegnato sui volti dei clienti che affollano un bar.
Al mattino.

Ci sono i sonnambuli e li riconosci dal timbro di voce e le occhiaie, che arrivano a terra.
Rantolano 'caffè' come morti viventi.
I mattinieri, al contrario, sprizzano gioia e felicità da tutti i pori. Se c'è il sole assorbono l'energia come nella fotosintesi; con la pioggia e il cielo plumbeo l'assorbono da te, l'energia.
'Stai dormendo ancora eh, adesso ti ricarico io'
E tu ti senti ancora più stanco e vuoi solo mandarlo via e dormire.
Ma più di ogni altra tipologia, incombe l'ombra di un cliente molto particolare, un cliente mai solo: quello accompagnato dalla famiglia, che non sa mai cosa vuole.
Appena arriva alla cassa è circondato da due o tre bambini urlanti. Si arrampicano sul giubbotto e urlano di volere qualcosa. La moglie è normalmente stanca in viso, con vestiti stropicciati e una espressione quasi a voler dire 'non ce la faccio più'.


Questo tipo di cliente è cosí frastornato che dimentica quello che vuole.
Si immagina immerso nelle acque di un paradiso tropicale ma allo stesso modo di una secchiata d'acqua gelida in pieno volto, la dura realtà lo fa ritornare sulla terra.
Davanti la cassa.
Circondato da marmocchi.
'Papa' voglio un caffè'
'Sei piccolo, non puoi'
Da quel momento in poi è una turbina di pianti talmente forti da obbligare il genitore a raggirarlo prendendo un orzo.
Che sarà, successivamente, lasciato ovviamente.
Alla fine, il cliente con famiglia a carico avrà un diavolo per capello e non riuscirà più a dosare la sua calma e non se la potrà prendere con la famiglia e allora se la prenderà con te perché non lo hai avvisato di non avere le brioche piccole e gli hai fatto prendere quelle grandi, che costano di più, che ai bambini non vanno più.
Un 'mi scusi' senza risposta si leverà dalla cassa e si perderà tra i pianti capricciosi dei pargoli.


marcodemitri®

mercoledì 19 marzo 2014

QUEL PASTICCIOTTO CALIMERO: IL FRUTTONE.

“Scusi vorrei quel pasticciotto.”
“No, signora, quello non è un pasticciotto.”
“E cos’è?”


"UN FRUTTONE!”

Nato nel Salento, in Puglia, da un dottore Frankestein sotto l'influsso della Taranta, ha avuto meno fortuna sul grande pubblico come il fratello maggiore, il più osannato dalla critica: il pasticciotto. Ed è per questo motivo che nutre dei complessi nei riguardi di quest’ultimo e cerca, in qualche modo, di uscire fuori dal solito clichè del “e poi c’è il fruttone, un'alternativa al pasticciotto”.
Veste uno strato di cioccolato ed è dal dolce ripieno di pasta di mandorla e marmellata alla mela cotogna, stucchevole se si esagera come per le smancerie di alcuni innamorati.
Forse per il suo look differente e per il contenuto più "eccessivo" è stato destinato ad un pubblico di nicchia, una categoria di cultori che lo protegge dall'imbarbarimento commerciale.
È un dolce calimero, se vogliamo, una pecora nera della tradizione; molto di più di un semplice "companatico" del caffè.
Ha una conformazione ovale e il cioccolato sul ventre e il ripieno semi – secco gli conferisce persino una connotazione dolciastra, accattivante per chi non ha mai assaggiato i classici dolci con la pasta di mandorla.
Da gustare freddo anziché caldo, può restare qualche giorno nella credenza e non rischiare di subire l’attacco dei batteri, nemici per eccellenza della crema pasticcera.
È dunque anche lui un degno rappresentante dell'arte dolciaria salentina e merita, a pieno titolo, il riconoscimento di dolce tipico.
Se è la prima volta che leggete notizie a riguardo non vi resta che andare in un bar o in una pasticceria, gustarlo e chiedervi se non è giunto il momento di riabilitarlo a più di una semplice "alternativa".

marcodemitri®



Ricetta

Pasta Frolla:
- 1 kg di farina
- 1/2 kg di zucchero
- 1/2 kg di strutto
- 4 uova intere e due tuorli
- 1 bustina di lievito per dolci
- 2 bustine di vaniglia
- Cioccolato fondente
- Marmellata di pere (o mele cotogne)
Pasta di mandorla 
- 300 gr di mandorle spellate
- 300 gr di zucchero
- 4 uova

venerdì 14 marzo 2014

Guida galattica per cassieri rampanti contro clienti impertinenti. [PREMESSA]

Quando pensai per la prima volta di scrivere un libro sul lavoro con la clientela e sulle scene da bar, chiesi a me stesso se ce ne fosse realmente bisogno.
Voglio dire: ci ha già pensato Stefano Benni con Bar Sport, un libro che ha anche rafforzato il concetto fantozziano del tragicomico servilismo al potere e categorizzato, etichettato gli usi e costumi dell'italiano medio. 
Non solo, ci sarebbe da citare Kevin Smith con il generazionale Clerks: un duo di commessi agli antipodi e alle prese con i clienti di in un bislacco locale situato in una qualsiasi periferia americana.


Chissenefrega, mi risposi, e per due motivi. 
Il primo è sicuramente la comicità delle storie che, meritano, di essere fatte conoscere; non si può restare  impassibili e non scoppiare dal ridere se uno si dichiara un esperto del ghiaccio o lasciarsi andare ad una espressione del genere se uno ti chiede se le sigarette al caffè può mangiarle. 
Dall'altra parte, invece, c'è quella mia (malsana?) idea di voler trasmettere al lettore, digiuno del mestiere, l'amarezza di chi deve quotidianamente dover fare i conti con personaggi di una strafottezza e crudeltà anche fine a se stessa.
No, non è una esagerazione. 

Commessi riunitevi al grido "il cliente NON ha sempre ragione"! 
Ho ascoltato racconti di persone che da questo lavoro ne sono uscite con i nervi a fior di pelle. 
Una ragazza, tempo fa, mi disse: mio padre è quasi stato ricoverato perché non ne poteva più. 
È vero, dannatamente vero. 
Non è così semplice lavorare col pubblico se non si ha spina dorsale e una certa voglia di lasciarsi tutto scorrere via, di superare qualsiasi angheria o cattiveria venga detta e fatta. 
"Con tutti i soldi che vi diamo dovreste regalarle le cose a noi clienti."
E la cosa buffa sapete qual è?
Questo lavoro non è opzionale, nel senso che: a volte hai bisogno di farlo.
È un lavoro in linea di massima degli umili, di chi deve necessariamente lavorare, di chi non ha la possibilità di decidere di non farlo. 
No, non si può essere choosy
Per chi, al contario, è una scelta si sentirà dire: "se non ti sta bene lavorare con la gente non ti aprivi un negozio!"



Beh, è anche una scelta, per il cliente, non immedesimarsi. 
Essere stronzo. 
Pensare che chi lavora è un tuo schiavo perché lo paghi. 
E allora siamo punto a capo. 

E ora con in loop People are strange vi consiglio di leggere questa rubrica ogni settimana. 
Esplorerò diversi luoghi comuni e magari racconterò di usanze che sono proprie della città e differiscono da tante altre. 

Ricordate: per ogni volta che si maltratta un commesso un piccolo Breivik nasce. 
Non si sa dove, però. 

marcodemitri®

sabato 8 marzo 2014

Allacciate le cinture [Recensione]

Tra il sole, il mare e la pioggia, in una Lecce perennemente fissa su due set, Ozpetek dirige e scrive un film melenso, lento e a tratti fastidioso.
Con una caratterizzazione debole dei suoi personaggi, il cineasta di origini turche sembra ormai aver abbandonato la sensibilità con cui dipingeva il mondo dell'omosessualità e delle relazioni amorose; quel gusto estetico che, poteva anche non piacere, ma catturava.
Le Fate Ignoranti e Saturno Contro, ne sono un bell'esempio.



La storia tratta degli amori tra opposti, di quelli impensabili ma che, casualmente, esplodono nella passione. Ferzan strizza l'occhio ad Almodovar per inscenare le ambientazioni naif e esteriorizzare il gretto mondo degli omofobi. Dipinge come un cavernicolo il protagonista, Antonio (Francesco Arca), uomo ignorante, che si innamora di Elena (Kasia Smutniak - l'unica degna di nota). Nonostante i due mondi siano agli antipodi, il loro amore è turbolento, fisico e violento. Niente ragione, solo sentimento. Ma quando un cancro sembra segnare per sembre la loro storia in negativo si scopriranno altre ispirazioni. Sullo sfondo le solite macchette: il gay e le zitelle.

Una volta era Accorsi, poi Raul Bova e Scamarcio e oggi Francesco Arca.
Ozpetek punta il marketing principalmente al pubblico femminile e dalla scelta degli attori maschili sembra conoscerlo anche molto bene.
Ma se Stefano Accorsi è stato il migliore attore che potesse mai avere, via via, ha dovuto ripiegare su un altro tipo di recitazione; più fredda, belloccia e infine televisiva.
Con pochi risultati.
Perché uno dei più grandi nei del film è sicuramente la scelta di un attore come Francesco Arca. Uno di quei ragazzi di spettacolo che piacciono tanto alle ragazzine, reduce da successi defilippiani e veramente pessimo.

Due domande:

- Dottor Ozpetek, la chiamo così perché a Lecce tutte le persone importanti si fanno chiamare Dottore, dunque partiamo dalla locandina: perché abbiamo optato per Moccia? Quello sfondo satinato, quell'abbraccio del bel tenebroso con i tatuaggi in bella vista e quel titolo come dire "statibu attenti"? 

- Qualcuno le ha spiegato che i salentini non sono né romani, né napoletani e nemmeno siciliani? 

Scritto insieme a Gianni Romoli, Ozpetek vuole ritornare al successo troppo velocemente e senza attenzione allo sviluppo narrativo.
Per non parlare della regia improntata, come consueto, esclusivamente sui primi piani e, andando oltre, si percepisce la superficialità della produzione anche per alcuni dettagli (Il Benzinaio, cioè Il Benzinaio, cioè con tutti i soldi dell'Apulia film Commission non c'è stato nessuno a trovare un nome più decente?).
È da sempre stato un punto fermo della sua filmografia la modifica improvvisa tra drammatico e commedia, tra sorrisi e pianti.
Perché, per lui, è la realtà.
Ma non aiuta una sceneggiatura colma di cliché, che si regge esclusivamente sull'impatto estetico dei protagonisti, che dialogano in modo stucchevole, con un uso della colonna sonora scardinato e quasi riciclato. Con l'introduzione dell'escamotage narrativo della circolarità del tempo (le storie si alternano tra passato e futuro), Ozpetek, nel finale, cambia le carte in tavola e non osa; non va fino in fondo.
Ora, ci sono registi che hanno costruito una carriera sul melodramma, Gabriele Muccino ad esempio, e, per carità, è anche il modo più semplice di creare empatia con il pubblico medio, di catturarlo nei sentimenti più semplici - e fare soldi - . ma di certo non si può pensare che in due ore di pellicola si possa scardinare così superficialmente la drammaturgia, inserendo un'attrice comica, qualche battuta nera e

FRANCESCO ARCA.

marcodemitri®