mercoledì 28 novembre 2012

Amour [Recensione]

Scrivere recensioni è un mestiere difficile: richiede tempo e un ottima organizzazione mentale.
Quindi pensate quanto sia complesso per chi, come me, lo fa per hobby.
Ora, vi chiederete, era necessaria questa premessa? Sì, se riguarda un film come Amour




Vincitore della Palma D'oro 2012 a Cannes, Amour è la storia di George e Anne, due anziani coniugi, il cui rapporto sarà messo in crisi dalla malattia degenerativa di cui è affetta Anne. 
Dopo averle promesso di non lasciarla in ospedale, George costruisce un mondo lontano dalla frenesia del quotidiano, simboleggiato dalla figlia. Con un'angosciante sottofondo dettato da passi zoppi, parole biascicate e una dolcissima filastrocca cantata per ricordare i bei tempi, inizia a realizzare l'inevitabile destino cui andrà in contro la moglie. 

Ok, lo ammetto: mi sono commosso. 
Ma mi chiedo come si possa assistere imperterriti ad una pellicola del genere?
Nemmeno un servizio di Barbara d'Urso sull'attentato dinamitardo a Brindisi riesce ad incutere tanta tristezza. E non parlo del melodramma ricamato sopra, è chiaro che Amour ne uscirebbe sconfitto.

Il cinema di Haneke l'ho conosciuto pochi anni fa, con Funny Games per essere precisi; una pellicola folle, lucida e raccapricciante.
Conquistato sin da subito dalla sua poetica algida, che penetra e lascia il segno, decisi di recuperare la filmografia; restando sconvolto durante la visione de La Pianista e Caché.

Ma è con Il Nastro Bianco, autentico capolavoro in bianco e nero, che pensavo avesse dato tutto. 
Pensavo, appunto: ma fortunatamente, mi sbagliavo. 

Michael Haneke dirige un film toccante, dove chirurgicamente sceglie di descrivere l'amore più spaventoso ma al contempo più veritiero: quello dell'"amare in salute e in malattia".
Con due interpretazioni magnifiche il tutto risulta di un realismo sconcertante, che lascia lo spettatore inerme.
Coadiuvato poi da una fotografia semplice ed efficace e privato di colonna sonora, l'apparato tecnico è ridotto al minimo indispensabile; dando una sensazione di spettacolo teatrale. 

Il dramma che si consuma è lento ed inesorabile

Un iperbole dunque che crolla vertiginosamente fino il baratro del non ritorno, condannando i protagonisti ad un finale straziante.

Paradossalmente lacrime amare rigano il volto alla scoperta del significato più doloroso di: Amare


Nessun commento:

Posta un commento