giovedì 14 novembre 2013

Dodici di Zerocalcare [Recensione]

Da qualche anno sono ritornati di moda gli Zombie e ce li ritroviamo anche in Dodici, ultima fatica di Michele Reich, in arte Zerocalcare. 



Da qualche anno sono ritornati di moda gli Zombie e ce li ritroviamo anche in Dodici, ultima fatica di Michele Reich, in arte Zerocalcare. 

Nella nuova avventura i protagonisti Secco, Calcare, Cinchiale e Katja sono a Rebibia - quartiere di Roma – e fuggono, in una paradossale corsa contro il tempo, dal misterioso arrivo dei i non - morti. 

Un Polpo alla Gola e la Profezia dell'Armadillo hanno permesso di conoscere il marchio di fabbrica dell'autore romano: una costruzione ironica di una visione nostalgica della realtà.
Ma tutto questo potrà funzionare per sempre? 
Sì e no. 
Il repertorio da cui attingere le idee è vasto ma è vero che ha bisogno di una vivacità mentale tale da continuare a rinnovarsi. 
Non tanto nella realizzazione quanto nella messa in scena. 

L'opera soffre nell’attuazione del tempo della narrazione. Pur considerando le premesse che l'autore ha voluto dare alla storia - Rebibia è per Michele il quartiere dove tutto inizia e finisce - ci si trova, alla fine, con l'amaro in bocca di un qualcosa di incompleto. Si tratta, infatti, di un racconto che non ha un inizio né una fine. 
Non solo. C'è confusione tra le tavole e, a volte, si fa fatica a seguire con attenzione: è difficile scindere i riferimenti culturali dal racconto in sé. 

Tuttavia Zerocalcare mostra delle interessanti aperture nello stile.  
Dodici ha delle bellissime tavole con riflessioni sulla contemporaneità da leggere a denti stretti. 

marcodemitri®


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