sabato 30 novembre 2013

La mafia uccide solo d'estate [Recensione]



L'ironia è l'arma più affilata per semplificare la complessità ed è anche lo strumento per mettere da parte rabbia e frustrazione e imprimere un messaggio con il sorriso.
Il sorriso, appunto; cioè la parte più delicata dell'operazione.
Applicarla ad un contesto cinematografico è un'impresa compromettente: Il rischio di risultare saccenti o, al contrario, inconsistenti è molto alto.
"La libertà comincia dall'ironia" scrisse Hugo e saper trattare il male in questi termini è un lavoro che richiede tatto. L'l'ironia è dunque il grimaldello che scardina  il volto serioso della tragedia.

Prendete ora un argomento altrettanto difficile, sentito e forte come la mafia. 
Per una ferita troppo grande per un cancro non ancora debellato, narrare con ironia le sue sfaccettature suscita scandalo ed imbarazzo e si aggiunge un interrogativo: serve ancora filmare storie di mafia?
Secondo Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, sì, e mediante una comicità aguzza e attenta alla riflessione. 

Il primo film dell'ex iena, è una storia d'amore nata tra i banchi di scuola sullo sfondo di un racconto di sangue. 
L'inizio coincide con la nascita del protagonista, Arturo, intorno agli anni '70, momento di particolare fermento per Cosa Nostra. La vita del piccolo si incrocia con quella di boss mafiosi e del loro microcosmo. Ed è così che Diliberto ci mostra gradualmente come la mafia fosse infiltrata in qualsiasi attività umile e quotidiana. Il messaggio è chiaro e diretto: il regista proietta i ricordi della sua infanzia dimostrando come i malavitosi vivessero senza nascondersi, in un intreccio continuo delle loro vite con quelle dei loro compaesani.

 Ambientato in una Palermo solare, la pellicola ha una regia giornalistica, documentaristica molto cara all'autore.
 Le vicende sono raccontate per la prima metà dal punto di vista ingenuo dell'infanzia mentre nella seconda con un tono più serio e maturo, coincidente con la crescita del protagonista.
La costruzione dei personaggi è limitata ai loro gesti e alle loro azioni, senza chiara evoluzione; una scelta per non voler trasformare i buoni in super eroi ma renderli normali nel loro straordinario lavoro.
La ingenuità da opera prima si presentano nell'idea di voler raccontare di mafia senza mostrarlo chiaramente, perchè si perde nell'uso di un tempo fin troppo veloce, senza intervalli ben calibrati.
La pellicola non aggiunge nulla di nuovo a ciò che è stato detto, scritto e proiettato ma le pur ormai ridondati parole sono disposte in un racconto incisivo, dinamico, che rivitalizza l'argomento e lo modernizza per le ultime generazioni.
Per non dimenticare. 

"A Palermo tutti sanno tutto. Io a dieci anni sapevo che in un certo bar si incontravano i mafiosi. Poi col tempo si è scoperto [...] che in quel bar c'erano i raduni di mafia", dice Pif e alla fine è la rabbia velata da un sorriso a ribollire nello spettatore. 

Perché la mafia uccide sempre.
Non solo d'estate.


marcodemitri®


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Da segnalare l'associazione che ha aiutato Pif nella realizzazione del flm: http://www.addiopizzo.org

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