mercoledì 7 maggio 2014

Guida galattica per cassieri rampanti ecc.. [Il cliente nostalgico del ventennio]

Saaalve a tutti!

Come scritto nella PREMESSA, servendomi di una narrazione sopra le righe, descrivo il mondo che si cela dietro il lavoro di un cassiere in un bar. 
Nel primo capitolo elenco i personaggi più divertenti che ho incontrato e le mie reazioni ad ogni loro richiesta. 
Nel secondo all'oggettivistica e cioè a quell'insieme di suppellettili (vedi: bustine di zucchero, acqua, giornale ecc..) messi a disposizione degli avventori ma che.. 

...vabè lo scoprirete leggendo il blog ogni settimana. 

QUALSIASI RIFERIMENTO A PERSONE O FATTI REALI È FRUTTO DI VERE ESPERIENZE DIRETTE CON UN PIZZICO DI IRONIA, VALIUM E NON SENSE. 

Buona lettura!


[Perché una guida]

  • CAPITOLO I 

[Tipologie di Clienti - Volti] 



PARTE I   [I volti del mattino]

PARTE II  [Lo Scroccone - Quella signora altolocata]
PARTE III [Il Sordomuto - Il Pignolo]
PARTE IV [L'ansioso - Quello che salta la fila]
PARTE V  [Il cliente e il bagno - Il critico]


PARTE VI - Il cliente nostalgico del ventennio. 

La folla si raduna ad una fermata della metro, giunge il treno e in una manciata di secondi scompare.
Luce, vento e qualche foglio di giornale svolazza. 
Il tempo di ragionare che subito dopo ne giunge un'altra, di folla, e sempre in pochi istanti svanisce, come inghiottita.
Ecco, ho sempre pensato al bar come ad una fermata della metro.
La gente va e viene, folle di persone si radunano intorno al bancone e qualche secondo dopo non ci sono più.
È il respiro del commercio, la contrazione del locale.
È musica, è matematica: è ritmo.
Folla, pausa, folla.

In genere chi lavora in un bar preferisce avere molte persone, senza fermarsi.
Fermarsi, fare una pausa non è sempre sinonimo di riposo; molte volte si perde la concentrazione e si rischia di non riprendere bene il lavoro.
Però quando quei pochi minuti di riposo giungono, il commesso, il bartender e il cassiere ne approfittano per respirare.
Forse.
Perché molto spesso in quei pochi minuti si alternano i personaggi più strambi, quelli che ti fanno perdere tempo e che alla fine ti lasciano con una fila interminabile di gente dietro.
C'è chi ti chiede prodotti difficilmente reperibili.
E tu, anche se sei ben consapevole di non trovarli, armato di buone intenzioni, li cerchi lo stesso.
E così ti affanni per scendere per le scale a quattro gradini la volta, giri e rigiri e alla fine riesci nell'impresa di trovarli.
Il santo Graal esiste, esclami, dirigendolo verso il soffitto.
Ma.
"No, era solo per chiedere", si congeda il cliente.
E tu, oltre l'espressione basita, il sudore e i graffi per aver combattuto Shelob, i nani e i templari, perché era giù, in quel lato del deposito più tetro, più dannato, hai solo da dire:
"Ah.."
Accade anche questo, non vi stupite.

In questo post parleremo, però, di un tizio, dagli occhi catarattosi, la voce impastata da anni di sigarette e una certa nostalgia per un ventennio buio della storia italiana.
No, non ancora Berlusconi.
Prima ancora.
Sì, esattamente.
Signori e signori, rivivete un pezzo di storia raccontato direttamente da lui:

Il cliente nostalgico del ventennio. 




Era trascorso qualche minuto da un gruppo di turisti milanesi che avevano riempito il bar.
Io ero intento a sistemare e pulire il macello dietro la cassa.
Avvertì un brivido, un disturbo nella forza.
Mi fermai, alzai gli occhi al soffitto.
Annusai l'aria come i roditori che fiutano il pericolo e cercai di capire meglio cosa stava succedendo.
"Sta succedendo qualcosa.." pensai.
Ed in effetti le ombre delle nuvole che coprirono in quel momento il sole quasi seguirono l'arrivo di un vecchietto in bicicletta.
Io vidi la sagoma dall'orizzonte diventare sempre più grande e infine giungere vicino la vetrina del bar.
Cercai di rincuorarmi.
"Tsk, vorrà il solito caffè e lo pagherà con cinquanta euro, dover cambiare la banconota sarà l'unica noia."
"No, Frantumi, no. Qui c'è qualcosa di brutto. Di pericoloso. Di nero".
Già, il nero.
Mi sbrigai a sistemare per essere pronto ad accogliere il tizio, che intatto aveva poggiato la bicicletta nera, sporca, enorme, all'esterno del bar.
Aprì la porta ed entrò.
Il cielo coperto, un leggero brivido freddo. 
Presi posizione e:
"Buongiorno, prego", dissi.
Sbuffò.
"Mezzo chilo di caffè"
"Perfetto", iniziai.
Ma feci un errore madornale, gli chiesi "Quale tipo vuole?"
L'orrore, l'orrore.
In men che non si dica esclamò a gran voce.
"QUANDO C'ERA LUI NON C'ERA BISOGNO DI CHIEDERE!"
Quei pochi clienti in quel momento si voltarono.
"Ma chi?" cercai di capire.
"Benito, il duce, il nostro unico comandate!"
Dentro di me una vocina disse "ecco, lo hai fatto di nuovo Frantumi. Sai benissimo che i vecchi prendono sempre il caffè più economico, allora perché devi chiedere? Ora è tutto tuo, io me la squaglio".
Arricciai il naso e feci finta di niente.
"Le macino l'Avio?"
"Io ho servito vent'anni il nostro comandante quando ero nell'esercito in Sicilia. Nessuno osava disubidre. Adesso, invece, voi giovani fate schifo."
"Ok, cerchieremo di drograrci di meno, quale caffè devo fare?" implorai.
"Caffè? Qui si parla di cose serie. Serissime. Voi dovete stare ai nostri comandi!"
Era ormai partito a ruota.
Non si fermava più.
Il nero dell'abito che indossava non lo snelliva, anzi: lo faceva sembrare ancora più corpulento e pesante.
In tutti i sensi.
Ho capito, faccio di testa mia. E scelsi la miscela, la macinai e la impacchettai.
Nel frattempo, complice le parole che vomitava a gran voce, si era radunata una folla di gente.
Potevo sentire il loro ridacchiare.
Io cercavo di essere il più veloce possibile perché ormai la situazione era nera.
Nerissima.
Il tizio era passato in rassegna di tutti i gradi di giudizio che dovevano subire i politici.
"Merde sono. M E R D E."
La scansione delle sillabe fu così forte che partì una goccia di saliva. Essa colpì il mio maglioncino.
E restò lì, rotonda e schifosa.
Mi ha infettato, forse, è così che si riproducono i nostalgici del ventennio a Lecce.
Frantumi non tergiversare: ponili il tutto e mandalo via.
"Ecco a lei"
".. Fini è una M E R.. ah, pronto tutto? Bravo ragazzo."
"Grazie, sono 9 euro e 50".
Qui avvenne una cosa divertente.
Prese la busta con il caffè e poi infilò la mano destra, nella tasca destra - tutto a destra - per prendere i soldi.
Mi porse la mano chiusa in un pugno per contenere gli spicci e poi l'aprì per mostrarmeli.
Allungai il collo per guardare meglio ma c'era qualcosa come 17 centesimi in piccole monetine da uno e da due centesimi.
Mi bloccai.
Lo guardai e lui ricambiò lo sguardo.
"Nah." mi incitò a prendere i soldi.
Dissi "ehm, comandante della legione qui mancano la bellezza di.. mmh.. 9,33 centesimi".
"Eh, prendi i soldi."
"Sì, ma ripeto: mancano circa nove euro".
"Eh, prendili no?"
Lo squadrai. Ormai lo avevo guardato così tante volte che conoscevo il numero esatto dei suoi capelli.
"Ripeto: non bastano".
"Eccoli, santa madonna".
Ok, forse non sente, cercai di convincermi.
"MANCANO SOLDI. NOVE EURO CIRCA", gridai spazientito, non curandomi della folla di gente che sembrava quella fuori l'apple store per ogni day one del nuovo modello di iPhone.
"COME MANCANO SOLDI. A ME NESSUNO MI HA MAI DETTO CHE NON PAGO".
Piansi dentro.
"HO CAPITO CHE LEI È UNO ONESTO VECCHIA GUARDIA, MA NON BASTANO QUESTI!"
Castimò un bel po', e vi assicuro che il non sense era ormai arrivato alle stelle.
Non capivo se si trattasse di una punizione divina.
Il mio io interiore era in angolo, tremante, e ripeteva a se stesso "voglio la dopamina".
Vi dico solo che questa conversazione non cambiò molto per i restanti minuti, con le stesse battute.
Improvvisamente: la luce.
"Frantumi, vengo io." irruppe una voce.
"Ti prego: fa che gli americani ci abbiano invaso" pregai.
Era una collega che si presentò come Milord per Sailor Moon.
A quanto pare lei lo conosceva bene questo tizio e venne in soccorso.
"Beh", disse "allora comandante prenda questi benedetti soldi, su".
"Siiii.. aiutami! Ti prego. Prometto di insultare i comunisti! Qualsiasi cosa, basta che me ne liberi!", gridai.
Lui, intimorito, richiuse la mano e prese il portafoglio dal quale cacciò fuori dieci euro.
Pagò e se ne andò.
Io guardai la scena a rallentatore, gesticolando come Aldo Baglio in tre uomini e una gamba "ma.. ma.. ma ma che ho detto io? perchè a me no? ma come hai fatto??".
Dopo aver sentito la spiegazione imparai una lezione: non importa se sei di destra e di sinistra quando sei vecchio ogni scusa è buona per rompere gli zebedei ma contro una donna siamo pronti a ritrattare qualsiasi colore politico.

marcodemitri®

Alla prossima!

1 commento:

  1. agghiacciante questo anneddoto! °_° dio come li odio i nostalgici insieme ai nostalgici berlusconisti. prego sempre nella benevolenza del supremo perchè un qualche virus se li porti via tutti.

    df

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