lunedì 25 marzo 2013

Io credo in Travaglio.




La sua arte nello sviscerare carte processuali, che lo rende più un amanuense con il vezzo del lasciare la sua impronta narcisista che un giornalista, è ormai una prassi consolidata; per questo motivo l'ho sempre stimato e seguito.

Ora però, dopo aver combinato un disastro nella scontro con il suo Professor Moriarty, uno di quegli incontri che attendi come l'arrivo degli UFO sulla terra per sapere se sono di "carbonio o silicone", credo che qualcosa sia mutata.
Inizia ad essere relegato ad un semplice saltimbanco alla corte di Re Santoro.

E perchè questo?
Sicuramente per l'ENORME aria da salvatore della patria che gli italiani gli hanno ricamato addosso; quando in realtà è un giornalista - un G I O R N A L I S T A - che a differenza di molti suoi colleghi, fa il suo lavoro.
E bene, credo.
Guardate la Gabanelli: ha mai avuto la stessa riconoscenza?
No, e perché?
Non ha nessun grande egocentrico dietro; solo tanti riscontri sul campo sì, - caso Di Pietro, ad esempio - e processi vinti.

Ma questa sfida con Grasso ha, come suo solito, dell'incredibile.
Giorni interi trascorsi a ripetere e riscrivere le stesse identiche parole, forse cambiate di qualche virgola, ma sempre quelle.
Editoriali che sembrano più dei piagnistei che autorevoli scritti: io dico la verità, le mie ricostruzioni sono vere e Grasso non capisce niente, gne.

E che dire della storia assurda del "duello".
Anzi: del luogo dove "scontrarsi".
Sembra più la parodia di Mezzogiorno e mezzo di fuoco; almeno chiamate Sergio Leone.

Comunque ha ragione a voler portare Grasso a Servizio Pubblico perchè, a prescindere dalla verità o meno delle sue accuse, non si è mai visto che una rettifica possa essere data in un programma diverso: immaginate un Sergio Romano che scrive per Repubblica.
E poi diciamo la verità: piazzapulita è da isterici e Formigli è un Santoro isterico.
Quindi non è da far vedere ad una donna.
E già perderebbe una cospicua fetta di pubblico.

Ma io continuo a credere in Travaglio.
Quel diavolo di un giornalista con lo sguardo basso e il sorrisetto auto compiaciuto.
Quell'allora sconosciuto tizio vestito da impiegato bancario con la permanente che lasciò Luttazzi col culo per terra.
Quella simpatica "faccia da tonto" che mi ha regalato uno dei momenti più belli della televisione italiana.

Qualcuno ha parlato di Sgarbi?
Chiamatelo, vi prego.

Che almeno qualcosa per cui ricordami che la televisione italiana fa schifo ce l'avrò. 
Sono stanco di insultare Barbara D'Urso. 


marcodemitri®

venerdì 15 marzo 2013

Evil Dead (La Casa) - Remake: ho fiducia.

Voglio aver fiducia.
O meglio voglio sperare




Le premesse ci sono tutte, soprattutto dopo questo..



..e questo




I trailer sono in effetti di grande impatto: montati bene, dal giusto ritmo e con una ottima fotografia. 
Sembra anche esserci una enorme dose di splatter.
Il regista è quasi un semi - sconosciuto; un nome importante solo in Uruguay con una discreta direzione di horror. Mentre la produzione è da brividi, oltre Sam Raimi (il creatore della serie La Casa e L'armata delle tenebre), ci sono i nomi di Drake (Juno, American Psycho), Schlessel (Looper, Drive), Tapert (L'armata delle tenebre, Drag Me to Hell) e altri già visti in pellicole indipendenti come 50\50. 

Insomma, non ci resta che sperare, sarà il caso del ritorno all'Horror?
Aspettiamo il 9 maggio per scoprirlo.


marcodemitri®





lunedì 11 marzo 2013

Spring Breakers [Recensione]





Provocante, violento e surreale Spring Breakers è il ritratto estroverso di una generazione allo sbando.
Dopo il manifesto angosciante e terribile della Germania divisa e cioè Christiane f., il grottesco Trainspotting, il raccapricciante Kids, il cinema si prende nuovamente il compito di innalzarsi a mezzo di denuncia sociale per ammonire le coscienze; ma se nei precedenti lavori il tutto era consequenziale di una storia coerente e ben strutturata, qui, si ha l'impressione di voler scioccare senza dire nulla.

Quattro amiche - Faith (Selena Gomez), Candy (Vanessa Hudgens), Brit (Ashley Benson), e Cotty (Heather Morris) - belle, provocanti e perennemente in bikini vogliono spostarsi in Florida per festeggiare lo spring break; per ottenere il denaro sufficiente rapinano una tavola calda.
Durante una festa a base di coca e alcol finiscono in cella ed è grazie all'intervento di un rapper bianco, Alien (James Franco), che potranno uscire.
Ma da quel momento inizieranno a conoscere il lato più violento ed eccitante della follia. 

Harmony Korine, ragazzo di talento e produttore musicale, sconvolse prima con Gummo e poi lasciò alla regia di Larry Clark il sopracitato script di Kids.
Affidandosi ad una demolizione graduale dei suoi protagonisti per lasciare amaro e confuso lo spettatore nel finale, il suo è un modo quasi neorealista di riprendere la realtà.
In Spring Breakers però la confusione non è una nota positiva o voluta: la pellicola lascia poco spazio all'immaginazione di un lieto fine e denota una (quasi) forzatura metaforica che rende il prodotto inutile e a tratti senza senso.
È una storia convenzionale che utilizza un montaggio frammentato di scatti temporali e sperimentalismi; a volte si ha persino l’impressione di ritrovarsi in un film di Gus Van Sant. Esasperazione dei dialoghi, distorsione e dilatazione meccanica del tempo e assolutizzazione del concetto di divertimento senza limite sono gli espedienti utilizzati per intessere il rapporto con la realtà: una rappresentazione in campione della generazione reality show.
I limiti non esistono.
La moralità è solo la voce sorda di un’amica matura.
I genitori sono entità inesistenti.
Unico compagno il divertimento estremo: quello delle droghe, del sesso e della provocazione.
Anche il Deus Ex machina Alien è un mezzo per raggiungere l’amoralità tanto ricercata.
Ma in un ritratto del genere la scelta di inserire una quinta comparsa come Britney Spears si rivela azzeccata e splendida: soprattutto per un momento di massima tensione eseguito impeccabilmente al pianoforte.
Una fotografia accecante nella prima parte, fluorescente in quella centrale e cupa – surreale nell’ultima segue il climax narrativo ed è configurabile tra le poche note positive del comparto tecnico; la colonna sonora è realizzata a colpi di dubstep e gangster rap mentre la recitazione è ottima per un ispirato James Franco camuffato alla perfezione.

Per concludere, sorgono spesso dubbi sulla volontà del regista sceneggiatore di voler effettivamente presentare qualcosa di concreto. Lasciando un finale aperto e apparentemente metaforico, questa pellicola si concede troppo spesso il lusso di crearsi l'alibi del post modernismo per non raccontare nulla.
E ci potrebbe stare.
Ma in un continuo avanzare dell’intreccio con ripetizione seriale di dialoghi, scene, sembra che Korine si lasci trasportare troppo dall'euforia di voler a tutti costi sconvolgere senza mai realizzare qualcosa di realmente autentico.

marcodemitri®