giovedì 15 maggio 2014

Ehi, se mi voti ti regalo Federica Nargi. [Elezioni studentesche]



L'ultima volta che mi sono sentito così importante per qualcuno è stato quando mi invitarono a pesca: io ero il verme.
Ma sulla bacheca dei cuori solitari, oggi, posso aggiungere un altro momento: quello delle elezioni studentesche.
La mattina non è delle migliori: il sole è coperto e la tramontana soffia troppo forte.
"Il vento del cambiamento"potrei urlare se non fosse per il nervosismo che si respira nell'università.
È il secondo e ultimo giorno e i candidati insieme i loro accoliti e factotum sono con i nervi a fior di pelle.
Alcuni sono riversati sul marciapiede, con indosso magliette strappate e la testa tra le gambe piangono: io volevo solo diventare famoso come Obama.
Altri ti fermano per chiederti se hai votato e mentre si voltano per prendere carta e penna e scrivere col sangue il loro nome, vedo la coda biforcuta uscir fuori dal loro coccige.
"No, il Dottor Faust mi ha spiegato come stanno le cose, guardi, un'altra volta" mi congedo.
Lui, però, si indispettisce e mi condanna alla dannazione di non avere le sbobbinature.
Poi l'urlo di Godzilla e la gente scappa via, con le mani tra i capelli, dai seggi.
"Mancano voti e non c'è molta affluenza, aumentiamo i caffè da offrire!"
Non c'è tempo per riflettere, bisogna fare qualcosa.
Non è poi così diverso il lavoro del PR del Gwendalina, a questo punto.
Il vento continua a soffiare e tra i tavolini del quartiere generale di giurisprudenza, il bar, fogli di giornale svolazzano.
I telefoni dei ragazzi seduti accanto gareggiano sul tavolino l'uno accanto all'altro a colpi di vibrazione.
"Pronto? Sì.. Sì, non ti preoccupare. No, tranquillo. Ho detto sì: ti voto!" rispondono tutti, in coro.
O quasi.
Mi dicono, sempre in coro come bambini delle elementari alla maestra: "è la sesta volta che mi chiamano per il voto. Non ce la faccio più."
Per i complottisti le elezioni per i candidati maschi che chiamano e mandano messaggi ai "potenziali elettori" maschi sono in realtà una scusa per dichiarare la loro omosessualità.
Per le persone normali: è solo la paura di ritornare ad essere studenti come tutti gli altri, senza tanti like su facebook, a spaventarli.
E noi, ultime ruote del carro, esseri inutili per 363 giorni l'anno (ad eccezione degli anni bisestili in cui sono 364), fuori corso e in corso, ricchi e poveri, cugini di campagna, non possiamo permetterlo.
Andiamo a votare chi ci da gli appunti gratis.
Chi ci sposta gli esami.
Chi, ogni anno, subisce le lamentele "ma xkè sl portale le taxxe nn ci sn??!".
E chi fa da prestanome ad ogni richiesta.
Fatto.
Uscendo dal seggio la giornata sembra più bella; ci siamo tolti un peso.
Adesso, ogni volta che incontriamo un candidato alziamo il pollice in alto come i romani durante gli spettacoli al Colosseso e facciamo cenno di sì.
"Sì, ti ho votato amico."
Lui risponde strizzando l'occhio perché non può far altro.
Shh, il voto è segreto.
Insomma, noi umili servitori del sistema delle nomenclature abbiamo detto sì al sistema delle nomenclature e possiamo tornare a casa, contenti, di essere serviti a qualcuno o a qualcosa.
Per una volta. 
Tutto sommato è bene quello che finisce bene.

Il giorno dopo.
I manifesti senza volto, incollati con diversi giri di nastro adesivo, vibrano forti dalle ringhiere.
L'università è un campo di battaglia, ci sono bigliettini strappati con nomi amputati.
"Ehi, ciao, com'è andata?
"Ci conosciamo?"
"Ma ti ho votato.."
"Embè? Mica ho vinto".

Prot.

marcodemitri®

1 commento:

  1. molto bello, come post, ma godibile di più per chi è stato un universitario IMHO.

    df

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