"Lui è tornato" tuona il titolo sullo
sfondo bianco della copertina del libro.
La posizione delle lettere è poco sotto un ciuffo
di capelli emo ad insinuare l'immagine dei baffi.
È il volto di Adolf Hitler quello richiamato.
Perché “Er ist wieder da” è il romanzo d’esordio di
Timur Vermes, diventato un best seller nel 2012, che, con un approccio
stilistico e narrativo pop, cerca di superare il tabù tedesco: è possibile
ridere del führer?
La storia inizia quando Adolf si risveglia in un
campo d’erba dove dei bambini giocano a pallone e spaesato chiede cosa è
accaduto.
È il 2011 e scopre con sgomento di essersi salvato dalla seconda guerra mondiale e di poter rivivere una nuova epoca.
È il 2011 e scopre con sgomento di essersi salvato dalla seconda guerra mondiale e di poter rivivere una nuova epoca.
Integerrimo dall'inizio alla fine, gridando forte
il suo nome e continuando la battaglia per la Germania, attira le attenzioni di
un giornalaio.
Che impietosito della sua situazione, gli consente
di dormire in edicola. Fino a quando altre persone lo incontrano, tra cui
Sensenbrink che trova la geniale idea di concedergli uno spazio
televisivo.
Da quel momento in poi per l'ex führer inizia una
nuova vita.
Da comico.
Nell'era dell'eccesso, del voyeurismo e del cinismo
alternativo l'idea di scrivere un libro impersonando Adolf Hitler non è poi così
estrema. De Sade, per quanto sempre attuale, ha ormai ceduto la frusta a
youporn per dettare nuove linee di depravazione.
Ma in una realtà digitalizzata e nella quale attraverso i social network si può dire tutto e il contrario di tutto e non ci si stupisce più di nulla: quale terreno più fertile per riproporre Adolf Hitler?
Ed è chiaro l’ammonimento sul relativismo delle opinioni il quale non fissando alcun concetto chiave per l'interpretazione del bene e del male può giungere ad estreme conseguenze: la riabilitazione del führer, in questo caso.
Ma in una realtà digitalizzata e nella quale attraverso i social network si può dire tutto e il contrario di tutto e non ci si stupisce più di nulla: quale terreno più fertile per riproporre Adolf Hitler?
Ed è chiaro l’ammonimento sul relativismo delle opinioni il quale non fissando alcun concetto chiave per l'interpretazione del bene e del male può giungere ad estreme conseguenze: la riabilitazione del führer, in questo caso.
L’autore ne è consapevole e con un sapiente uso di
escamotage narrativi cari alla comicità pirandelliana, costruisce la finzione del
cosa potrebbe accadere se ritornasse e come utilizzerebbe la ipervelocità e la
bulimia della nuova comunicazione di massa.
Adolf Hitler è dunque il protagonista e il lettore
si immedesima nel suo personaggio e cresce insieme le vicende narrata.
L’effetto è vertiginoso e stordente perché difficilmente ci si trova a proprio nei
panni di un genocida.
Ma "Lui è tornato" è anche un romanzo che
non funziona come dovrebbe.
Per renderlo commercialmente appetibile e per non screditare la sua professionalità l’autore edulcora la cattiveria potenziale dell’opera.
Per renderlo commercialmente appetibile e per non screditare la sua professionalità l’autore edulcora la cattiveria potenziale dell’opera.
Nessuno potrà mai dire cosa pensasse il dittatore
tedesco, quale fossero i suoi pensieri, ma nel rapporto con ciò che ha commesso
appare debole e limitato nella caratterizzazione perché fin troppo buono.
Come conseguenza il racconto assume tratti
cartooneschi e sembra di vedere una puntata dei Simpsons.
Ma non di South Park perché è già fin troppo cattivo.
Ma non di South Park perché è già fin troppo cattivo.
marcodemitri®
io un'occhiata gliela voglio regalre. :)
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