Che ci voglia un qualcosa di più del semplicistico concetto "Islam cattivo ed Occidente buono" è ormai scontato. Basta guardare i telegiornali per capire quanta difficoltà ci vuole per riuscire a trovare qualcosa di imparziale.
Che non punti il dito verso il musulmano.
E figuriamoci in letteratura, in questo mondo di menti poco propense al ragionamento profondo, quanto brillante debba essere una trama di geopolitica.
Menomale che ci pensa Michel Houellebecq con il nuovo Sottomissione a smuovere le acque: trasformando la Francia in un nuovo Islam.
Come se non gli fosse stato sufficiente dichiarare "La religione più stupida è l'islam".
Uscito il giorno della strage a Charlie Hebdo il libro edito in Italia da Bompiani in una copertina rossa fiammante, racconta del verosimile, plausibile mondo di François, professore annoiato e depresso in una Parigi prossima ad un cambiamento epocale: l'elezione di un capo di stato Musulmano.
Si capisce dunque fin da subito con quanta mestizia sia riuscito lo scrittore, provocatore patentato, a imbastire un nuovo brillante dibattito.
Eppure imperterrito continua a battere il chiodo nel campo che più lo ha consacrato ad intellettuale dissacrante.
Parigi, 2017.
Studioso di Huysmans, François insegna alla Sorbona, roccaforte della cultura francese, trascorrendo la sua esistenza in una monotonia e una depressione al cui lento soccombere si alternano i pochi attimi di piacere esplosi nel sesso.
"[…] il passato è sempre bello, lo è anche il futuro. A far male è solo il presente, che portiamo con noi come un ascesso di sofferenza che ci accompagna tra due infiniti di quieta felicità."
Narrato dall'Io narrante di François, il romanzo procede lineare, senza particolari colpi di scena. I momenti più rappresentativi dell'opera sono racchiusi nelle descrizioni della morbosa curiosità nel provare piatti tipici di altre culture; è difatti arricchita la storia di momenti grotteschi in cui ci si sofferma sulla descrizione di essi. Come fossimo in un film Eric Rohmer.
Ma Houellebecq si muove agile tramite uno pseudo alter ego goffo, in un mondo dilaniato dalla paura e dalla crisi di valori. È questa, per lo scrittore, la critica severa: l'approdo dell'islam è da collegare alla fiacchezza dell'eurocentrismo, alla secolarizzazione del cattolicesimo. Il relativismo ha prodotto una giustificazione della disuguaglianza nella uguaglianza, ha colpito l'entusiasmo dei giovani, indebolendoli. E così, senza alcun valore, senza alcun credo per cui combattere, hanno scelto di arruolarsi nelle schiere di una religione di combattenti.
Si è in presenza di un cinismo e un grottesco materialismo che altro non fanno se non celebrare, rafforzandola, la critica alla civiltà occidentale. In una costruzione letteraria più volte vicina al saggio più che al romanzo.
Scivola via, così, da una atmosfera grigia, da catastrofe imminente, ad una più solare e accesa nel finale; dove François raggiunge l'epifania con una pratica sessuale controversa, che lo porta ad una nuova visione della vita. E della fede.
Una storia disillusa, raccontata con fermezza permette di procedere spediti in questa avventura, riflettendo sul sesso, la cucina e la depressione.
"Non avevo alcun progetto, alcuna destinazione precisa; solo la sensazione, molto vaga, che mi convenisse dirigermi verso il Sud-Ovest; che se in Francia fosse scoppiata la guerra civile, ci avrebbe messo un po' prima di arrivare nel Sud-Ovest. A dire il vero non sapevo quasi niente del Sud-Ovest, a parte che è una regione dove si mangia confit d'anatra; e il confit d'anatra mi sembrava poco compatibile con la guerra ciivile!”
Forse i più affezionati a quel manierismo stilistico dei precedenti lavori lo troveranno fin troppo commerciale ma è sempre un piacere leggerlo.
Oltre che una esperienza.
marcodemitri®
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